Lavanda negli impianti agrivoltaici (e fotovoltaici) - Linee guida per l'utilizzo della lavanda

Lavanda negli impianti agrivoltaici (e fotovoltaici) - Linee guida per l'utilizzo della lavanda

Nelle ipotesi progettuali di molti sviluppatori di agrivoltaico e fotovoltaico, spunta spesso la lavanda come coltura sottostante i pannelli. Certamente la sua immagine di pianta fiorita dalle linee morbide aiuta a dare un tocco di “naturalezza” a strutture di ferro, alluminio e vetro.

Ma ci sono gli elementi per considerala seriamente una coltura da reddito compatibile con la coltivazione sotto i pannelli?
Proviamo a ragionarci.

 

Quante piante servono?

Per un lavandeto intensivo servono indicativamente tra le 8 e le 10.000 piante/ettaro. Il sesto ideale di impianto è costituito per la angustifolia da file poste ad 1,2-1,5 metri tra loro con piante poste a 0,50 mt sulla fila, per l’intermedia (lavandino) da file poste ad 1,8-2 metri tra loro con piante poste a 0,70 mt sulla fila,la variazione dipende dall’altezza s.l.m..

Le piante possono essere messe a dimora da ottobre a marzo optando per piante piccole (talee appena radicate) fino a piante in vasetto da 6-8-10-12 cm di diametro.

Attenzione perché:

  • più grande è il vasetto più laborioso è il trapianto ed i relativi costi
  • il trapianto autunnale garantisce un miglior radicamento e minore problema di erbe infestanti almeno nei primi 3-6 mesi.

 

 

Ma quanti tipi di lavanda ci sono?

La variabilità genetica che si sviluppa dietro la parola “lavanda” è incredibile.
Le specie, gli ecotipi, gli ibridi riprodotti presso il Centro Italiano Lavande (CIL) di Albenga sono diversi studiati per il loro utilizzo.

Elenco

  • Lavanda ibrida “Abrialis”
  • Lavanda ibrida “Mareblu”
  • Lavanda ibrida “Grosso”
  • Lavanda ibrida “Viola”
  • Lavanda ibrida “Boscomare”
  • Lavanda ibrida “Petrae”
  • Lavanda ibrida “Romana”
  • Lavanda ibrida “Edelweiss”
  • Lavanda Angustifolia “Nava”
  • Lavanda Angustifolia ibrida “Hidcote”
  • Lavanda Angustifolia ibrida “Augusta”
  • Lavanda Angustifolia ibrida “Festival”
  • Lavanda Angustifolia ibrida “Rosea”

Ognuna di esse ha una specificità sia per quanto riguarda l’ambiente a cui meglio si adatta che alla trasformazione a cui si presta

 

 

Oltre alle piante cosa serve? La lavanda è rustica ma il primo anno, soprattutto su trapianti primaverili, è da prevedere l’irrigazione. Pianta irrigata sviluppa meglio e si predispone a resistere meglio a tutti gli stress ambientali che dovrà sopportare nella sua vita. Per l’irrigazione, finche si tratta di appezzamenti di poche centinaia di metri quadri si può intervenire con mezzi di emergenza. Quando si supera l’ettaro conviene dotarsi di un sistema di irrigazione a goccia. A seconda del sesto di impianto servono dai 7 ai 9.000 metri lineari di manichetta/ettaro. Le manichette possono mantenere la loro funzione per 2-4 anni.

 

Come controllo le erbe infestanti?

In ambienti con sufficiente piovosità e terreni fertili, le infestanti sono il principale problema gestionale del lavandeto. Occorre prevedere di passare dalle 2 alle 4 volte per stagione per contenere meccanicamente le erbe. Le normali fresatrici da mais sono perfettamente idonee a servizio.

In alternativa si può considerare l’uso di pacciamature sintetiche o naturali. Tra le sintetiche interessante l’uso dei film biodegradabili su trapianti primaverili. Questi si sciolgono dopo il primo anno quando la pianta ha già raggiunto un adeguato grado di copertura e contrasta parzialmente le infestanti.

 

E la raccolta?

La raccolta della lavanda è un’operazione che può essere fatta manualmente, a macchina o con agevolatrici. Momento di intervento e grado di meccanizzazione dipendono molto dall’uso che se ne deve fare. Importanti sono certamente il tempismo e la velocità di raccolta per avere prodotto fresco ed omogeneo da vendere o trasformare.

 

Quanto produce e rende la lavanda?

Gli usi della lavanda ed i canali di commercializzazione sono molteplici. Si va dalla vendita del fresco sui mercati specializzati del fiore recisi (es S. Remo) all’estrazione di oli essenziali per usi svariati, alla trasformazione dei sottoprodotti in prodotti dell’artigianato.

Non potendo rappresentare tutte le filiere di commercializzazione in un unico esempio, è possibile però affermare che il prodotto lordo vendibile in prodotto fresco (fiore reciso in mazzi) può arrivare a 5€/m2. Una singola pianta può produrre tra 800 e 1000 gr di fiori freschi che legati in mazzi possono essere venduti tale e quale.

 

In termini di oli essenziali la variabilità è molto più ampia. Sulla flessibilità di utilizzo della lavanda si sta specializzando il CIL (centro italiano lavande) che attraverso la creazione di centri di formazione regionali sta sviluppando una cultura della coltivazione (Giardini di Vanda) e della trasformazione.

Dalle esperienze condotte finora è possibile arrivare a dire che se debitamente trasformata e commercializzata la lavanda può produrre ricavi importanti se venduta al consumatore finale, ricavi buoni se venduta ai trasformatori e ricavi non redditizzi se venduta all’industria.

I modelli più redditizi sono

  • Estrazione domestica e commercializzazione diretta di piccole confezioni degli oli (10 ml)
  • Essicazione del fiore e vendita del fiore reciso secco
  • Integrazione delle aromatiche a completamento dell’offerta di oli essenziali di lavanda (es menta, rosmarino, elicriso)

Particolarmente interessante è la collaborazione tra produttori-estrattori e laboratori farmaceutici per lo sviluppo di prodotti locali valorizzabili nei circuiti benessere e turistico.

 

La difesa delle piante?

La lavanda è una specie che ha pochi nemici naturali. Teme il ristagno idrico quindi va piantata in terreni ben drenati. Per aumentarne la resistenza è possibile applicare tricoderma in manichetta con le prime irrigazioni in modo da favorire l’instaurarsi di simbiosi radicali positive tra la pianta e la flora del terreno.

 

Quanto dura un lavandeto?

Un lavandeto dura indicativamente 10-12 anni passati i quali, le piante diminuiscono la produzione perchè fanno molto legno e diventano poco produttive. La gestione del lavandeto può passare di mano da un’azienda agricola all’altra e si presta ad essere condotta anche da aziende agricole con limitata esperienza 

 

Come progettare l'investimento?

La progettazione è la parte più importante del lavandeto perché deve considerare

  • destinazione del prodotto finale
  • scelte varietali
  • investimento richiesto
  • organizzazione delle attività di trapianto e conduzione
  • forza lavoro disponibile
  • calendarizzazione della attività a forte domanda di manodopera
  • trasformazione e commercializzazione

Per progettare accuratamente un investimento che può raggiungere i 20.000 €/ettaro conviene avvalersi di almeno tre competenze: un agronomo con esperienza, un centro di selezione genetica, un vivaio con cui pianificare la produzione delle piante, i calendari di trapianto ed il tipo di radice/vasetto/alveolo desiderati.

Alcuni consigli pratici agli impianti agrivoltaici più grandi

  • Pianificare i cantieri di trapianto tra autunno ed inverno e considerare un trapianto su 2 anni
  • Pianificare i calendari di raccolta futuri
  • Definire le esigenze di meccanizzazione e manodopera in stagione
  • Verificare l’impatto dei pannelli sul destino delle acque piovane e di riflesso sulla salute delle piante
  • Non piantare solo lavanda ma considerare anche orticole ed altre colture con organizzazione del lavoro e fabbisogno in manodopera simili per stabilizzare i gruppi di lavoro
     

L’effetto diversità ambientale

La lavanda fiorisce anche ripetutamente da aprile a novembre in funzione delle scelte varietali effettuate. Può quindi costituire un ottimo ambiente di pascolo per le specie bottinatrice e molti pronubi. Idealmente rappresenta un centro di moltiplicazione di insetti utili di cui possono beneficare le arnie e le coltivazioni circostanti, in particolare i frutteti e l’orticoltura.

 

 

Articolo del Dr. Agr. Paolo Beltrami con il contributo di Cesare Bollani (Centro Italiano Lavanda), Andrea Curto (vivaista) e Franco Stalla (genetista)

 

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